Rezza e Mastrella tornano al Teatro Auditorium dell’Unical: ridere è una cosa seria
Sotto la maschera del surreale e del grottesco, Rezza è chirurgico nella destrutturazione di luoghi comuni e costumi sociali, di riti e credenze. Si ride assistendo ad Anelante, l’ultima fatica realizzata come sempre in coppia con Flavia Mastrella, ma con la consapevolezza e il conseguente disagio di essere rimasti nudi, come il famoso re della fiaba, e come gli stessi attori.
Insieme ad Antonio Rezza, sul palco del Teatro Auditorium dell’Università della Calabria ci sono Ivan Bellavista, Manolo Muoio, Chiara Perrini ed Enzo Di Norscia. A questi ultimi è affidata una precisa e accurata partitura performativa, mentre Rezza alterna diluvi verbali e lunghi silenzi, scomodi e feroci quanto le continue traslazioni di senso tra parole. A cominciare proprio dal titolo che allude, per assonanza, all’esortazione di Che Guevara a una futuribile vittoria ma resta inchiodato a un participio presente che tradisce la costante brama di possesso, di carne e di potere. Così, la politica, la religione e la famiglia si mostrano per quel che sono, rapporti di forza, e un funerale e la sua retorica del compianto si trasformano in una serie di sodomizzazioni, con sberleffo delle donne che in questa pratica tentano un ruolo attivo piuttosto che passivo.
Ma culo è anche sinonimo di fortuna (“Dio è un surrogato del culo, perché se non hai culo hai qualcosa a cui aggrapparti”) ed è pure la sembianza che possono assumere certe facce. Allora i culi degli attori si affacciano dalle finestrelle aperte nel muro che separa la scena in un davanti e un dietro, con la sensazione che la verità sia sempre al di là, nascosta. In questo girotondo forsennato di parole, suoni e gesti che è la vita, i personaggi cui dà vita Rezza, apparentemente surreali e bizzarri, sono perfettamente coerenti: un matematico che racchiude vuoti tra parentesi, un lettore che parla mentre legge, senza capire quel che legge e un adolescente che rimugina sui propri traumi infantili, immerso nel buio. Perché il nulla che ci circonda è il peso più consistente da sopportare, persino la croce, altro elemento scenico realizzato da Mastrella, ne esce storpia, sghemba.
Simona Negrelli
le foto di scena sono di Stefania Sammarro